Tagliare


Cambiare è una delle cose che mi piace più fare. Perché quando lo fai, dimostri di essere aperto al nuovo, di covare una certa sicurezza e, sopratutto, di avere un enorme coraggio. Ci vuole coraggio per lasciare gli schemi collaudati e provarne di nuovi, perché non sai se il risultato ti lascerà soddisfatto, né - cosa molto importante - se lascerà soddisfatta la gente. Oh, non che il parere delle altre persone debba influenzarci, ma il loro giudizio ha la sua rilevanza, se devi ottenere da loro qualcosa.

Ebbene, era da qualche giorno che volevo cambiare, nel senso più superficiale del termine. Chi mi conosce sa quanto io sia attaccato ai miei capelli. Anzi, al concetto di capello lungo; proprio all'idea, quella che sta nell'iperuranio. Ma al contempo c'era qualcosa dentro di me che aveva bisogno di manifestarsi, e io ho deciso di sfogare questa mia "pulsione" in un nuovo taglio di capelli.

Così ho chiesto un parere alla mia famiglia. Con "ottimi" risultati, come potete notare dalla testimonianza iconografica che riporto qua sotto:



Ottimo. Mia sorella manifesta piuttosto violentemente la sua preferenza per il no, quindi mia mamma barra la casella del sì. Mio papà sfoggia la sua pratica diplomazia mettendo una ics su entrambi i riquadri e corredando tutto con un commento equilibratore. Ringraziamo la famiglia per l'aiuto che non manca mai di dare! A questo punto non avevo altra scelta che decidere da solo (cosa che comunque avrei fatto anche se i famigliari avessero indicato una direzione più precisa rispetto a quella data).

Tagliare. Legami che si spezzano, legami che ricrescono. Ponti che non verranno mai ricostruiti, altri che verranno tirati su dal nulla. Recidere, troncare, tagliare. Aprire capitoli nuovi. Porre un punto sul passato. Voltare determinate pagine. Iniziare, ricominciare, rinascere. Cambiare. 


(Sì, lo so: ho voluto trovare un'allegoria anche qui. Cazzarola, Ale, sono solo capelli!)


Così mi presento dal barbiere che per prima cosa mi chiede se voglio fare anche lo shampoo. Ehh, mi sa che ne avrai bisogno tu... - rispondo. Per un attimo penso al lavoro che lo attende, e provo pena per lui. Poi mi ricordo che IO sono la vittima, e LUI l'assassino. Nessuna compassione per gli assassini. Dopo avermi lavato i capelli, mi fa accomodare sulla seggiolina e mi guarda attraverso lo specchio con la tipica dolcissima sfranta espressione dei barbieri, quella che tradotta in parole sta per "Allora, come li facciamo?".


Eh, è una cosa un po' delicata - comincio, e lui deve aver capito che faccio sul serio perché si accomoda accanto a me con fare allarmato, e mi ascolta guardandomi negli occhi direttamente, non più tramite il riflesso. Vorrei fare un taglio radicale. Gli spiego le varie "specifiche" (oddio quanto mi sento informatico, adesso che ho usato questo termine!) e lui va a prendere un catalogo ripieno di modelli con aria da superfighi. Io indico quello col taglio giusto, e il barbiere si mette a lavoro.


Il risultato è per quei pochi eletti che avranno la fortuna di vedermi dal vivo. Non dispongo di macchine fotografiche adesso, senza contare che voglio lasciare un ricordo dei miei capelli lunghi (come nella nuova foto del profilo che, diciamolo, è strafiga). Ho un po' di nostalgia per i miei vecchi capelli, ma non sono totalmente orribile, anche se il barbiere non è riuscito a farmi una particolarità che volevo. Intanto, piangiamo un po' su una foto dei caduti.








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