Tredici settimane di felicità


On air: Regina Spektor, Better
(sì, lo so che l'ho già pubblicata, 
ma ci sta bene come soundtrack del post!)

All'inizio della scorsa primavera ho passato un periodo a tormentarmi per il mio essere così tremendamente negativo e paranoico. Sì, lo so che è buffo: mi faccio le paranoie anche perché ho le paranoie. Una mia amica di Latina (chissà se mi legge ancora!) mi disse che è vero che la crisi, la fame nel mondo, le guerre e i disastri ambientali non sembrano niente quando abbiamo un problema noi, ma almeno possiamo usarli per... riclassificare il nostro problema, per vederlo sotto una nuova ottica, per re-inquadrarlo. Okay, lei si espresse sicuramente in un modo più morbido e poetico, ma io non ricordo le parole esatte.

Avevo questo pensiero in testa: riuscirò mai ad essere contento di quel che ho, invece di essere infelice per quello che non ho? 

Il 9 Marzo 2011 era un mercoledì, e io comprai un quaderno. Aveva la copertina completamente nera, su cui io scrissi sopra il titolo:

Tredici settimane di felicità

Sulla prima pagina, le regole:


1) Ogni giorno scrivi qualcosa di bello. Che ti ha fatto fare una risata, o un sorriso, o che in qualche modo - anche minimo - ti ha fatto stare bene.

2) Non sentirti ridicolo. È solo un esperimento!

3) Sforzati: qualcosa di bello ti accade ogni giorno, per forza.

4) Dopo tredici settimane, al giorno 91, fermati. E rileggi ciò che hai scritto.


Okay, lo so. È una cosa che fa molto psicanalisi alternativa, ma vi faccio notare che non ho scelto di spremermi un melograno sul petto cantando delle mie paure più recondite. Ho scritto un quadernino! Okay, okay, mi merito tutte le prese in giro. Fatto sta che ogni giorno scrivevo una frase, o anche solo una parola, riferita a qualcosa che mi aveva strappato un momento di spensieratezza. (Piccolo inciso: il fatto che una delle parole più quotate sia aperitivo dovrebbe in qualche modo costringermi a farmi delle domande?)

Ho finito il quaderno?

No. Il giorno 71 ("birra con Tiz") è l'ultimo appunto che ho preso. Poi è successo qualcosa che è stato troppo doloroso da sopportare, e anche quando mi sono ripreso non ho più continuato a scriverci. Quel quaderno è rimasto chiuso nel mio comodino fino ad oggi, quando l'ho preso e l'ho sfogliato, tremando.

Ho deciso che lo voglio ricominciare. Non so se servirà davvero a qualcosa: credo di aver capito che a volte si è semplicemente nati in un certo modo, o si sta passando un certo periodo, e che pertanto non si può essere troppo felici. Ma... scrivere non costa niente. E chi sa che non mi aiuti davvero ad apprezzare quello che ho.

Che siano le prove della coreografia del ballo del pesce (giorno 2), che sia Giuli che mi porta a casa il gelato (giorno 37), che siano due bottiglie di vino e tre amiche a Ferrara (giorno 8), che siano i primi piccoli successi col progetto in F# (giorno 23), che sia qualcuno che mi si siede accanto in biblioteca (giorno 49), che siano le chiacchiere con Ciuffo (giorno 22), o che sia Quel bacio (giorno 45).

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