Seconda critica della ragion telefonica


On air: Carly Rae Jepsen, Call me maybe



Oggi pomeriggio. Laboratorio uno. Sono lì che studio qualcosa come l'entropia di una sorgente o altre cose altrettanto inutili per il mio futuro, quando compare nell'aula la mia amica Hind. Tutta sorridente, mi fa: "Ale, ho letto il tuo post, e volevo dirti che dovresti usare Viber!". Chiaramente capisco male la parola, e inizio a smanaccare imbarazzatissimo: eheheh Hind che dici eheheh scherza nondicesulserio.

Poi lei mi spiega che Viber non è un oggetto in lattice dalla forma dildoide usato per trarre piacere fisico, bensì una pratica applicazione che consente di chiamare e messaggiare gratuitamente, e senza bisogno di creare un account.

Ho subito scaricato Viber. L'iconcina è carina: è viola. E non sembra nemmeno difficilissimo. Il fatto è che, pur essendo disponibile per Symbian, Android e iOS, non sono molti i miei contatti che l'hanno installato (non tanti quanti WhatsApp, per esempio). Ma gli voglio dare fiducia: il viola è il mio colore preferito.

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