Dei diversi gradi di istruzione, quello di cui ho il peggior ricordo sono senz'altro le scuole medie. Per quanto mi riguarda sono stati un'esperienza orribile che non tengo affatto nel cuore. È un ricordo a cui riservo un posto speciale della memoria, quello dove si mettono tutte le bruttezze che però servono a crescere.
Non sono un esperto di psicologia, ma non credo di scrivere grandi fesserie se dico che le medie sono il primo momento in cui un bambino si accorge che esistono queste cose poco piacevoli chiamate problemi. Si diventa adolescenti, i maschietti si allontanano da Action Man e le femminucce dalle Barbie, e entrambi scoprono nuovi entusiasmanti interessi, come... ehm, la Playstation. O Leonardo Di Caprio in Titanic.
Odio quel periodo. Stavo così bene alle elementari, dove anche i voti sembravano più simpatici, e io prendevo sempre Bravissimo con due righe e un punto esclamativo e mi sembrava che la vita non potesse essere più bella. E invece mi ritrovavo lì, a dovermi addirittura impegnare per guadagnare quelle valutazioni così fredde tipo Distinto, e c'era da dare del lei ai professori, e c'era da giocare a basket o pallavolo preoccupandosi di essere bravi, perché altrimenti gli altri ti prendevano in giro.
E poi c'erano i miei compagni di classe. Tolto quel gruppetto che ancora mi saluta e a cui voglio bene, il resto consisteva in ragazzini crudeli che si divertivano sulle mie paure e sulle mie patologiche incapacità di relazionarmi. Ragazzini che crescendo non hanno aggiunto niente all'involucro che erano allora. Vuoti erano e vuoti sono rimasti.
Non credo di essere il solo ad aver provato queste sensazioni, e non credo nemmeno che siano ciò che di peggio si può provare: di certo ci sono esperienze ancora più brutte. Come ho detto, si tratta della prima volta in cui ti viene il dubbio che la vita non sarà facile e sarà piena di cose che fanno schifo e anche di cose per cui nessuno riuscirà a farti trattenere le lacrime, ed è lì che inizi a maturare la convinzione che non hai alternative a quella di andare avanti senza farsi uccidere.
E rimani con una manciata di motivi per cui vale la pena, e con una consolazione: ciò che non uccide ti rende più forte. Io, per esempio, non sono ancora morto. E infatti sono forte, da morire.
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