Tredici's Anatomy


Ci sono quei giorni in cui ti svegli e tutto parte come se fossi in una puntata di Grey's Anatomy. No, non a letto con Patrick Dempsey, intendo con la vocina che ti riempie di seghe mentali. Mentre tu fai quelle cose che col sottofondo di Paolo Nutini al pianoforte appaiono estremamente poetiche (come bestemmiare nello spegnere la sveglia, o togliere quell'odiosa pellicola di panna che si forma sul latte dopo che lo hai riscaldato al microonde) la vocina di quella deficiente di Meredith Grey parte col porre drammatici interrogativi sull'esistenza, che di solito trovano la loro massima realizzazione nella costruzione di metafore riguardanti le linee di confine e il barometro dei nostri desideri.

E non serve a niente ripetersi che gli sceneggiatori di Grey's Anatomy avrebbero evitato di imparanoiare milioni di telespettatori se solo avessero avuto uno psicoterapeuta migliore, e non serve a niente nemmeno ripetersi che gli sceneggiatori di Grey's Anatomy sono i principali responsabili del fatto che tutti nel mondo vogliano fare medicina; non serve a niente, perché ormai quelle seghe mentali ti sono penetrate nel cervello, dove risiederanno per tutta la giornata.

E insomma stamani mi sono svegliato e la paranoia era che forse ho una scala del gusto diversa da quella della maggior parte della gente. E ci sono arrivato tramite questo intelligentissimo ragionamento che provo a spiegarvi tramite rappresentazione logica. Che c'ho preso anche un bel voto, a Logica.




E poi finisce l'episodio, è notte e probabilmente piove, e la vocina torna a dare tutte le risposte con una saccenza che cerca di mascherare con pause tattiche e un ritmo da regina del dramma. Nella vita vera non funziona così. Le risposte non arrivano sempre di notte quando piove ed è tutto perfettamente romantico. Nella vita vera le risposte arrivano più o meno velocemente, a volte non arrivano e comunque scelgono i momenti più impensabili.

Per esempio, oggi avevo appena finito di pranzare a mensa. Avevo ancora quel terribile odore di pesce nelle narici, quando sento la vocina. Non la vocina di Meredith però. Era la "vocina", giusto un poco più profonda, del mio amico U, che si mette a cantare Crash di Immanuel Casto. E che poi ripete quello che mi aveva detto mesi fa, quando le cose andavano molto meglio per tutti:


Ale, adesso fregatene.
Mettiti il tuo burro di cacao bio
e goditi la vita.


Stasera carbonara da me. Chi viene?




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