Cosa fare per sentirsi un gay arrivato


Ieri pomeriggio ero in modalità suicidio-aspettami-che-arrivo e avevo tutte le intenzioni di annegarmi nella candeggina dopo aver scritto un pezzo tristissimo e strappalacrime, sapete tipo quella fiction che dettero qualche anno fa su Canale 5: si chiamava Incompreso e parlava di un bimbo sfigatissimo che decide di buttarsi in una piscina vuota e muore. Grandi pianti, nel mio salotto, quella sera.

Il fatto è che avevo appena fatto un giro su asos.com che mi aveva definitivamente atterrito: hanno assunto questo modello superbono ricciolo e moro e con la barba, di quelli che prima pensi È DIO! e poi Io uno così non l'avrò mai, e peraltro non posso permettermi nemmeno il maglione che indossa




Nonostante il mio umore drammatico, ieri sera è successa una cosa che segna una tappa importantissima nella mia esistenza omosessuale. Sapete, i gay hanno rituali molto sentiti per quanto riguarda la discoteca. Tipo: il primo Invisibile alla fragola, la prima serata passata quasi interamente nel bagno delle donne, la prima volta che balli Vogue, e altre cose ugualmente profonde

Poi ci sono i gadget. Quel momento della serata dove la drag queen arriva e, in preda al delirio indotto da tutta la cocaina che ha tirato, inizia a lanciare cose, come se fosse una specie di Babbo Natale con la parrucca e i tacchi. Vedete, i gadget sono molto difficili da prendere. Bisogna far fronte a una marea di difficoltà, come per esempio i temibili omosessuali alti, o le lesbiche che giocano a basket - cioè tutte - che sono molto agili e scattanti, e soprattutto quelle creature deliziose che conoscono tutti i balletti e appena vedono qualche animatore sventolare un gadget si fiondano sotto al palco urlando istericamente e sgomitando e facendo qualche mossa di qualche video di Beyoncé e che Dio se le prenda il prima possibile, cazzarola.

E insomma mi trovavo nei pressi del palco, ieri sera, quando è arrivata Regina Miami a lanciare magliette. Io l'ho guardata sconsolato, pensando che non ce l'avrei mai fatta, perché di solito le cose le vincono gli altri, non tocca mai a te. Poi c'è stato qualcosa. Ho detto Ce la posso fare. Ho fatto un salto al momento giusto, e ho allungato il braccio verso il gadget, che stava per scivolarmi via, ma io ho detto Ce la posso fare, e l'ho afferrato. Una maglietta blu elettrico che probabilmente non metterò mai e poi mai era appena diventata mia.

Sento che c'è qualcosa di metaforico in tutto questo, tipo che forse se fossi più propositivo nel pormi degli obiettivi e se li affrontassi con maggiore convinzione magari li realizzerei e la soddisfazione sarebbe ancora più grande, ma non ho voglia di scrivere anche stavolta un post con la moralina finale, per cui eviterò di sviscerare l'allegoria.

Ops.



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