(nell'articolo che vi state malauguratamente accingendo a leggere sarebbe stato presente reiterate volte l'aggettivo "bello": per prendere le distanze da questa imperversante povertà lessicale che si manifesta in un inflazionato utilizzo del suddetto aggettivo, l'autore ha deciso di rimpiazzarlo con una parola casuale scelta dal dizionario tedesco, e cioè guglhupf)
La cosa davvero guglhupf di ricominciare la scuola a ventiquattro anni è che hai a disposizione un senso critico ormai formato, uno spirito tendenzialmente riflessivo e sopratutto una straordinaria capacità di essere in ansia. Contrariamente a quanto si può pensare, tutto ciò è abbastanza guglhupf perché ti permette di godere e di essere consapevole di quelle sensazioni che da piccolo negli anni Novanta non puoi percepire, probabilmente a causa del potere obnubilante della sigla di Solletico.
È il primo giorno di scuola - il primo giorno della nuova scuola - e io sono emozionato come lo si è il primo giorno di scuola. Non è facile superare la notte: delle poche ore che ho dormito, ne ho passate svariate a sognare situazioni inquietanti tipo il mio amico che si lascia e io che gli urlo che non lo posso consolare perché è il mio primo giorno di scuola.
Ma finalmente arriva l'alba.
NAAAAZVEGNAAAAAA TARARI TARARAAAA
E io mi sveglio, se così si può definire quel momento in cui si ammette a noi stessi che non prenderemo più sonno quindi tanto vale alzarsi. Durante la notte mi ero appuntato nella mente che probabilmente avrei dovuto portare qualcosa per scrivere, così inizio a cercare un supporto decente per i miei appunti. E trovo solo fogliacci di brutta. E già mi figuro la scena "mi scusi signor Baricco ma proprio non ho avuto tempo ma davvero lei dice che è così importante il fatto che stia scrivendo sul retro degli scontrini della Lidl?"
Quando ho saputo di essere ammesso era Luglio: ho avuto svariati mesi per perfezionare l'outfit che avrei sfoggiato il mio primo giorno di scuola. Ora, nonostante sia stato capace di superare una selezione di ammissione a una scuola, rimango pur sempre un povero demente: non mi ha nemmeno lontanamente sfiorato il pensiero che a Ottobre, a Torino, avrebbe potuto fare freddo. Me ne accorgo quando apro la finestra e percepisco una simpatica brezza pseudo artica sfiorarmi la pelle e congelarmi i polmoni. La catastrofe. Per nulla guglhupf.
Mi reinvento un outfit (Dio benedica le maglie a righine, adolescenziali ma distintive!) ed esco. Per poco non mi faccio investire da una Mini, passo alcuni secondi a sperare di non finire sulla colonnina di destra di Repubblica.it (studente ucciso da una Mini, il padre "almeno fosse stata una Golf") ma poi realizzo di essere vivo. E arrivo a scuola.
Così comincia il mio primo giorno di scuola.
Mi piacerebbe dirvi come continua, ma non lo faccio, non adesso. Diciamo intanto che sono cazzi miei, e diciamo che c'è una frase, dipinta su un muro della scuola, che ci hanno spiegato che è importante. Ci hanno detto che alcuni non la capiscono nemmeno dopo anni, ma qualcosa mi dice che ha a che fare col fatto che per ora, la mia storia qui, la tengo per me.
Diciamo solo che è tutto meravigliosamente guglhupf.
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