La differenza epistemologica tra lapis e matita




È giunto il momento di fare chiarezza su una faccenda che costituisce una delle più gravi cause di turbamento negli italiani, insieme al rigore di Baggio ai mondiali del '94 e al fatto se sia giusto o meno che la Ventura sia giudice di X Factor pur non sapendo niente di musica ("però ne acquista molta").

Mi riferisco, naturalmente, alla questione lessicale riguardante i termini lapis e matita. C'è, infatti, chi dice lapis per indicare, cito la Treccani, quel cannellino di legno con dentro una verghetta di grafite usata per colorare o scrivere. Poi c'è chi, il suddetto cannellino di legno con dentro la verghetta eccetera eccetera, lo chiama matita

Ora, è indubbio che sul termine matita grava un'enorme ambiguità che la Toscana si è presa la discutibile responsabilità di risolvere, ma il resto dell'Italia non vuole ammetterlo. Il mio obiettivo è dunque mostrarvi, coadiuvando la mia esposizione con simpatici diagrammi di intuitiva comprensione, come sarebbe semplice adottare la strategia toscana a livello nazionale. Proprio per una questione logica, non soltanto perché siamo obiettivamente i più fighi e abbiamo questo accento così buffo



Lasciamo perdere i vocabolari e l'Accademia della Crusca, alle cui definizioni i vostri apparati sinaptici sembrano essere impermeabili. Prendiamo piuttosto delle fonti iconografiche, che dovrebbero essere informazioni più facili da acquisire. 

Queste, e dovremmo essere tutti d'accordo, sono le matite:




Ah, no, perché c'è chi chiama matite i seguenti strumenti:



ma ci troviamo di fronte a casi lessicalmente disperati, perché questi si chiamano pastelli, o cere. Quindi, per cortesia, se secondo voi queste sono matite alzatevi e dite una preghierina al Signore, che vi salvi dal coma per ottusità terminologica.

Il lapis, invece, è questo:



Capite bene che non possiamo chiamarlo matita, è un oggetto proprio diverso. Il lapis si cancella in un istante con la gomma, addirittura a volte ne è provvisto autonomamente, mentre per cancellare il tratto disegnato da una matita è necessaria una certa fatica che comunque non ci assicura la cancellazione assoluta. Ma poi, poniamo per assurdo che il lapis sia la matita: allora, come chiamereste questa?



TA TA TAAAAN (musichina orrifica ma rivelatrice). Questa è la matita grigia. Non è il lapis, ma se voi chiamate il lapis la matita grigia allora c'è una terrificante ambiguità. Il mondo lessicale così come lo conosciamo deve implodere su sé stesso e niente sarà più come prima, niente! Vigerà l'anarchia e potremo dare alle cose il nome che vogliamo: così chiameremo armadio il tavolo e tavolo l'armadio, e chiameremo vaso il barattolo, e lucciole le lanterne, e chiameremo Luigi il pavimento, e vostra madre dirà "Tesoro non entrare ho appena lucidato Luigi", e chiameremo fragole le banane, e chiameremo sterco la rosa, con conseguenze disastrose per le tragedie shakespeariane, peraltro. No, italiani: l'esistenza terrena della matita grigia è la prova concreta che il lapis è un altro oggetto.

Come volevasi dimostrare.



FAQ

Io per indicare le matite colorate utilizzo il termine colori. Devo morire?
Sì, in quanto trovo più corretto utilizzare la parola colore per indicare l'idea astratta del colore stesso. I colori sono il rosso, il blu, il verde, eccetera eccetera, indipendentemente che si concretizzino sotto forma di matite, pennarelli, pastelli, acquerelli, ...

L'italiano non è una lingua 1:1, per cui mi sembra ragionevole che il termine colori, specialmente al plurale, indichi le matite colorate. Devo comunque morire, vero?
Sì, perché non vedo il motivo di perpetuare un'ambiguità che potrebbe essere benissimo risolta imparando un vocabolo che già esiste e che già è apperappunto deputato a esprimere quel significato.

Il modo con cui argomenti questa questione mi fa pensare che tu abbia un disperato bisogno di fare sesso.
È vero.

Voi toscani vi credete gli inventori dell'italiano quando non è affatto così. Dante aveva un naso orribile, peraltro.
Noi toscani siamo meravigliosi, e del riconoscimento degli altri ce ne importa "una ricca fava", lo sappiamo da soli che siamo "ganzissimi" e se non fosse così evitereste di chiederci, dodici secondi dopo averci conosciuto, di dire coca cola con la cannuccia corta corta.






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