Non vorrei fare il solito sensazionalista, ma sono cominciati i saldi.
Immagino che la notizia non vi sconvolga. Probabilmente l’avete arguito dal fatto che sui social network chiunque ne sta parlando. C’è chi scrive le tweetcronache, chi lo annuncia su facebook come se fosse stato eletto nuovo Papa, chi posta le foto degli acquisti sperando di suscitare l’approvazione generale ma riuscendo soltanto a farsi biasimare per i propri discutibili gusti.
E poi ci sono io. Io che sento questa
irrefrenabile pulsione a raccontarvi ciò che è umano, ma per raccontare l’umano bisogna viverlo, l’umano, per cui sono uscito a fare shopping, e insomma capite bene che
questa storia dell’umano serve solo per autolegittimare azioni deplorevoli che per esempio mi fanno spendere venti euro per una giacchettina blu che spero vedrete presto sul mio
account Instagram.
(scusate il titolo del cavolo, davvero)
Mi sono preparato ascoltando Eye of the tiger. Venti flessioni per pompare il sangue nei muscoli e dare l’impressione di essere più aggressivo. Occhiali da sole, per creare uno sguardo duro e impenetrabile. Scarpette da ginnastica, ottimali per scattare sul capo desiderato che una signora grassa e con l’alitosi ha individuato per suo figlio. Maglietta a maniche corte, che consente libertà ai movimenti delle braccia e permette ai gomiti di affondare la suddetta signora, entrando di peso là dove è più vulnerabile, tra la quinta e la sesta costola.
La prima impressione dopo essere entrato da H&M è stata, cito il mio cervello, ohibò, c’è più gente qui che al gay pride. La seconda impressione a caldo, invece, perbacco, c’è più gente qui che in Abruzzo.
Spauriti commessi sull’orlo dell’esaurimento nervoso tentavano di gestire frotte di acquirenti imbizzarriti.
Ho selezionato le mie cinque paia di pantaloni uguali e le varie magliette che speravo invano potessero starmi bene nonostante fossero Small (le ExtraSmall se le erano già tutte accaparrate gli eterosessuali tamarri e gli omosessuali rachitici) e mi sono avviato verso i camerini.
Scene da dopoguerra. La fila era interminabile. I commessi (ormai completamente andati) gridavano cose come “Uno alla volta!” e “Per favore fate più veloce!” e “No signora il fatto che suo marito sia nell’esercito non le consente di passare avanti” e “Signore per cortesia metta giù quel kalashnikov”.
Chi emergeva dai camerini proferiva cose come "Mai più", "Basta", "Piuttosto mi vesto con le buste dell'Esselunga". Erano tutti afflitti e sconvolti, nemmeno li avessero costretti.
Dentro la zona camerini potevo udire i commenti che altre clienti si facevano l'una verso l'altra: erano tutte molto incoraggianti:
- orrido, tesoro. Davvero, davvero orrido
- può andare, se abiti in un cassonetto
- amore è una canottiera, non sono slip
- certo che è fosforescente. Perché, mi sta male?
- dove vivi gioia, su Urano?
- una merda, naturalmente
Una merda, naturalmente, ha detto una signora vestita con un vestitino scarlatto. Sembrava la versione proletaria di Marina Ripa di Meana.
Una merda, naturalmente. Perché è così: non c'è umanità nei saldi. Non c'è pietà, né perdono. Non c'è amore. Siamo come tanti animali alla ricerca della taglia giusta, e non guardiamo in faccia a nessuno.
Però c'è verità, quella verità che ci permette di dire all'altro che è tutto una merda, naturalmente. Almeno nello shopping si può.
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