Ho tanti amici che giocano a calcio o che seguono il calcio. Per me sono okay, li accetto, non ho problemi, io li tollero, io sono una persona tollerante. Certo, meglio se stanno nel loro. Per me quelli che giocano a calcio hanno anche diritto a sposarsi. Be', a patto che non si chiami matrimonio. Sulle adozioni... eh, sulle adozioni è un altro discorso. Bisogna pensare ai bambini: chi ci pensa ai bambini? I bambini hanno diritto a un giocatore di calcio e a uno di pallavolo.
La cosa che mi dà più fastidio di questa situazione - e mi riferisco al fatto che Sarri, che sarebbe un allenatore, ha insultato Mancini, che sarebbe un altro allenatore, chiamandolo "frocio" e "finocchio"- è che adesso, naturalmente, tutti stanno decidendo se abbia fatto bene o male, se sia giusto o ingiusto, se certe cose dovrebbero restare in campo o arrivare al pubblico.
E in quello sfogatoio dell'ego chiamato social network tutti esprimono la propria libera opinione.
(A me 'sta roba che anche gli idioti esprimono la loro opinione, e che la gente la apprezzi solo perché è espressa in maniera simpatica, a me 'sta roba non riesce tanto tollerarla, ma immagino di essere nel torto, in questo, quindi lo scrivo in piccolo e tra parentesi. Nutro una piccolissima speranza: che questo dibattito porti finalmente a qualcosa.)
Nessuno che sappia davvero cosa voglia dire sentirsi dire frocio, tra tutti questi intelligentoni. O nessuno che magari è anche divertito dall'essere chiamato frocio, ma che è preoccupato dalla reazione che può avere chi non è già così forte.
E pensare che ieri sera, una gelida sera del gennaio duemilasedici in cui ancora in Italia ci si domanda se frocio sia un insulto, a pochi giorni dalla discussione in Senato sul fatto se due omosessuali possano costituire una famiglia, ieri sera arrivava anche la notizia della morte di Ettore Scola, un uomo che la risposta ce l'aveva trent'anni fa.
«Eppure ci dovrei essere abituato, fin da ragazzo, o isolato o solo! Che poi... è la stessa cosa. Ma certo che conti! Solo che è tutto così assurdo. Secondo loro dovremmo sentirci in colpa. Oggi stavo... come si dice... stavo per commettere una sciocchezza. Mi ha salvato l'arrivo di una che abita qui vicino. No, è sicuro, la vita, qualunque sia, vale la pena di essere vissuta, si dice così. E poi arriva sempre un pappagalletto a ricordarcelo. Solo che oggi per me è una giornata particolare, lo sai? È come in un sogno quando... quando vuoi gridare e non ci riesci perché ti manca il respiro! Però ho voglia di parlare! Parlare! Parlare! Te ne accorgi vero? Oppure che ti devo dire? Scendere nella strada, fermare il primo sconosciuto e raccontargli tutti i fatti miei, ma fino a spaventarlo! A scandalizzarlo! A menargli, sì!, a fargli del male! Qualunque cosa, piuttosto che stare solo in questa casa che odio. Non dici niente? Pronto? Marco! E parla, cazzo! Ma di' qualcosa! Ma quello che vuoi... non lo so, parla del tempo, di sport, di un libro che stai leggendo! ...scusami. Sì, lo so quello che senti anche tu. No, no... lo sai che non possiamo vederci. E poi, forse sarebbe anche peggio. Senti, quando si è scoraggiati bisogna trovare la forza di reagire, e subito, se no... non c'è niente da fare e sei fregato! Capisci? ...senti! Perché non ci ridiamo sopra? Eh? Senti... piangere si può fare anche da soli, ma ridere bisogna essere in due! Ti ricordi quella volta a Ostia con quello lì del cocomero? Ma ridi, Marco, ti prego, ridi! ...che amico triste mi sono scelto. Sai cos'è che mi peserà di più? La tua mancanza. Curati. Fammi sapere della tua salute. Sì, appena succede ti richiamo. Ciao. Pensami quando vuoi.»