Quando i quarantenni su facebook saremo noi




Quando sono entrato nello scompartimento ho quasi tirato un sospiro di sollievo: non c’era né il vecchio baffuto e sdentato con un’enorme valigia rosa che mi ha urlato “ma ti devi sedere proprio qui?!”, né la cinese hipster (o realmente povera) che sbavava sulle gambe del fidanzato su cui dormiva. Sono entrambe storie vere, ed è per questo che ero abbastanza tranquillo quando ho visto lo scompartimento occupato soltanto da quattro signore sulla quarantina.

Ma come insegna spesso la vita, e molto più spesso un qualsiasi episodio di Diario di un wedding planner, quando le cose sembrano tranquille, significa che stanno per peggiorare.

Mi concederò qualche ulteriore riga di svago per descrivere le signore ed etichettarle in maniera superficiale, come mi è solito fare. 

C’è quella con i capelli bianchi, che quindi chiamerei Mel B, perché ha i capelli Bianchi, s’intende. Accanto a lei ce n’è una magra e arcigna che si prefigurerà come la più Antipatica, per cui oserei chiamarla Mel A. Sul sedile di fronte troviamo Mel C, che dalla risata sonora mi fa pensare all’unica Spice capace di cantare e, infine JLo, perché pochi minuti dopo avrei avuto il suo grazioso enorme culo a un centimetro dal viso in quanto lei era piegata a cercare il tappo del profumo. 

Durante il viaggio, Mel A, Mel B, Mel C e JLo hanno parlato tutto il tempo. Tutto il tempo. Era come se mia mamma si fosse quadruplicata e rincretinita. Non so di preciso quanti anni avessero, perché non sono mai stato bravo con il gioco delle età e poi l’avete mai vista Anna Tatangelo, che ha 29 anni da almeno quindici anni? Nel senso che non si può mai sapere davvero l’età di una persona che non è presente su Wikipedia. Nel loro caso, le metterei in un range tra i 45 e i 55.

Io ero discretamente malato, e in quattro ore di treno sono riuscito a dire soltanto:
  1. Buongiorno (ore 13:18, quando sono salito)
  2. Arrivederci (ore 17:08, quando sono scese)
più numerosi colpi di tosse.

Loro, invece, avevano la ciacola inarrestabile. Non si sono mai fermate un momento, il che mi ha dato modo di farmi un’idea sulle interazioni che ci sono tra loro. Di odio e pessima considerazione, principalmente, ma questo è un discorso che non ci interessa. Più che altro, sono stato attratto dal modo con cui si relazionavano con i social. 

Mel A - “Fate questo giochino, ci sono tante lettere e la prima parola che leggete è quella che vi rappresenta. A me è uscito ‘Timido’”
Mel C - “Cibo”

In questo momento sto per crepare dalle risate.

JLo - “Ah, e non si può mettere il non mi piace?”
Mel A - “No, solo il like. Ma adesso vogliono metterlo, like e dislike

Sbagliato, Mel A, tutto sbagliato. 

Mel B - “Questa mia amica ha scritto ora che le gioie più importanti della vita sono quelle invisibili”
Mel C - “L’ho già sentita milioni di volte”
Mel A - “Ma chi è, la Cristina? Madonna, è la donna più brutta del mondo!”
JLo - “Ma Cristina quella coi baffi?”
Mel A - “Sì, guarda la foto”

Avrei anch’io voluto sbirciare i baffi di Cristina ma mi sembrava troppo. Ero immerso nel pensiero che i quarantenni e cinquantenni su facebook si comportano, a volte, in maniera un po’ ridicola. Voglio dire, il primo aspetto che mi colpisce è l’ipocrisia di tutte queste immagini di madonnine, fiori, coccinelle, cani che dicono Buongiornissimo, quando poi nel mondo reale parlano dei baffi dell’amica. 

Poi penso al fatto che i social appartengono a quell’insieme di cose a cui i quarantenni arrivano dopo i ventenni. Ce li vedo, tutti i quarantenni del mondo riuniti insieme in una stanza gigantesca. C’è il quarantenne relatore, che dice qualcosa come “Gente, hanno inventato facebook”, poi si alza un altro che fa “Eeeeh, vabbuo, passerà di moda, come i Pokemon”. “O i Backstreet Boys!”, si azzarda a dire un altro prima di essere preso a borsettate dalla moglie, grande fan di Brian a suo tempo. “Eh no,” ammette sconsolato il relatore “stavolta pare che duri, c’è da aggiornarsi.”

I quarantenni, o magari la maggior parte di loro, si sono avvicinati ai social in un secondo momento, quando per noi si apprestava alla fine la fase del “ora impariamo cosa possiamo scrivere senza fare figure di merda e cosa no”. La conseguenza è, appunto, l’assoluta semplicità di trovare ridicoli i loro comportamenti su facebook.

Ci siamo dimenticati di quando eravamo noi così. Riportavamo canzoni tristi, scrivevamo i nostri stati d’animo come se fossimo di fronte al nostro diario segreto, inveivamo contro tizio o caio che ci aveva lasciato augurando loro le cose peggiori. Pubblicamente

Poi, per fortuna, ci siamo evoluti. Per fortuna, siamo diventati quelli che parlano di terremoti quando c’è un terremoto o di neve quando nevica, che parlano di calcio il mercoledì sera, che parlano di politiche internazionali dopo un attacco terroristico, di gay se al telegiornale insistono fastidiosamente a voler trattare l’argomento unioni civili, e di cinema in occasione degli Oscar (avendo visto due o tre dei film in nomination). 

Mi chiedo come saremo noi su facebook, a quarant’anni. Se saremo ancora lì, a scrivere cose per far invidia agli altri, a scrivere “genio” sotto cose che dai, non hanno davvero niente di geniale, a far vedere quanto siamo smodatamente felici. Se ci sarà stata un’educazione, una presa di coscienza collettiva. Se i social esisteranno ancora. Se avremo capito che questa nuova piega con cui giustifichiamo lo smisurarsi del nostro ego non è per niente produttiva. Se avremo realizzato che dal vivo siamo persone migliori che sui social. 

Alle 17:08, le allegre comari escono dallo scompartimento. L’ultima è Mel A, che si volta verso di me e saluta sorridendo. Sto quasi per rispondere Arrivedercissimo!, e invece sorrido. 
“Arrivederci”, dico, come un millennials qualunque.

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